La bellezza scaccia la vergogna
“Letizia Battaglia. Shooting the mafia”
“Ho cercato di trasformare la realtà, di piegarla a mio favore: la pancia di una donna nuda, sulla quale l’occhio si ferma, davanti ad un uomo ammazzato, che diventa marginale, ti aiuta a dimenticare quel morto, a superare quell’immagine di morte con la vita. In poche parole ho aggiunto ad una foto di morte una foto di vita. La bellezza che cancella la vergogna”
Letizia Battaglia in “Mi prendo il mondo ovunque sia”
C’è una foto, fra le tante della sterminata opera fotografica di reportage di Letizia Battaglia che racconta come poche altre il senso di tutto il suo lavoro sulle immagini della realtà. La foto si intitola “La bambina e il buio” e raffigura, nel suo fortissimo contrasto in bianco e nero, una bambina, ripresa in piena luce, su una strada di Palermo. La bambina è vestita elegante, forse deve partecipare a qualche cerimonia, non sorride ma si rivolge alla fotografa con un gesto di vanità infantile stirandosi la gonnellina plissettata. Di fianco a lei però dal buio vagamente minaccioso emerge una figura maschile. Anche lui è vestito elegante e porta un paio di occhiali scuri da sole che ne nascondono lo sguardo. Anche lui rivolge il suo sguardo verso la fotografa facendo un gesto con la mano sul fianco che ne vuole sottolineare l’autorità, la forza, una forza che si annuncia non amichevole. Dietro di lui, in secondo piano e quasi completamente immersa nel buio si avverte una figura femminile di donna matura, in una posizione che si rivela anche visivamente subalterna. Potrebbero essere i genitori della bambina o forse no. Non è importante saperlo. Quello che è invece importante è che questa fotografia sintetizza tutta l’opera della fotoreporter Letizia Battaglia che ha raccontato come pochi la sua città, Palermo, con una forza visiva impressionante, il contrasto viscerale tra il bene e il male, tra la luce e il buio per l’appunto, in un bianco e nero che non lascia scampo ad inutili estetismi. Kim Longinotto, documentarista inglese, figlia di un fotografo, con una vita tormentata alle spalle come la Battaglia e autrice da sempre attenta alle problematiche del mondo femminile, le dedica un ritratto fedele ed appassionato giocando nel titolo con il termine inglese “shooting” che si riferisce sia all’atto di fotografare, sia a quello di sparare. Alla mafia.
Letizia Battaglia del resto è stata una temibile avversaria della mafia siciliana e soprattutto della cultura mafiosa che ne costituiva il brodo di coltura, con le sue miserie, la sua violenza, la sua sciatteria estetica, la sua ignoranza, la sua povertà culturale e valoriale. Per quanto la fotografa siciliana abbia lavorato a lungo anche a Milano e all’estero viene quasi sempre identificata e conosciuta per la sua impressionante mole di fotografie che ritraggono la sua città a cui l’ha sempre legata un rapporto viscerale di amore e odio. Quasi una malattia, come lei stessa ammette. La regista inglese concentra la sua attenzione soprattutto su questo tratto distintivo della sua opera, ma senza tralasciare altri aspetti altrettanto importanti della sua biografia raccontata in modo emozionante e spesso lancinante dalla sua stessa protagonista. Gli anni giovanili, i sogni spezzati da una cultura maschile violenta ed oppressiva, incarnata prima dal padre e poi dal marito, sposato giovanissima, il malessere psicologico che la conducono prima in clinica psichiatrica e poi in analisi, il rapporto bello e profondo con le sue figlie, l’amore per la sua città e la sua gente, soprattutto la più povera e reietta, e infine la sua salvezza, con la scoperta della fotografia a quarant’anni.
“Consiglio di fotografare tutto da molto vicino, a distanza di un cazzotto, o di una carezza”, afferma Letizia. Perchè la realtà può essere orribile, ma può anche ritrarre e raccontare la bellezza. Come dimostra tutta un’altra parte della sua opera, quella dedicata alle bambine, a quelle bellissime bambine palermitane vestite di stracci, ma dalla sguardo fiero e severo, che osservano l’adulta che le fotografa con uno sguardo interrogativo e duro come un atto d’accusa. Come uno sparo che infrange il vetro fragile dell’ipocrisia e denuncia senza sconti un mondo adulto che le costringe ad abbandonare i loro sogni e le loro speranze. Non ci sono attenuanti nelle bellissime e spesso terribili fotografie in bianco e nero di Letizia Battaglia, la radiografia di una sconfitta e di una speranza lanciata alle generazioni future, ma c’è sempre un atto d’amore, quello che lei racconta alla regista inglese e che condivide con i suoi amanti-complici delle sue avventure professionali, l’amore per Palermo e per la sua gente, per il suo popolo che non sempre accetta con fatalismo un destino già scritto dai potenti di turno e dai loro sgherri, ma che spesso si ribella e fa emergere la sua parte migliore con Falcone, Borsellino, Peppino Impastato, Rocco Chinnici e i tanti piccoli eroi dimenticati che Letizia racconta in “Shooting the mafia”. “La fotografia la amo e la ringrazio perchè mi ha salvata (…). Mi ha costretta a vedere l’orrore, mi ha invitato a cercare la bellezza”.
Marcello Cella
“Letizia Battaglia. Shooting the mafia”
Regia: Kim Longinotto
Produzione: Irlanda
Anno di realizzazione: 2019
Anno di uscita: 2020
Durata: 97’
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