domenica 26 giugno 2011

Silvano Agosti Cineclub Arsenale 1988



Silvano Agosti
Cineclub Arsenale 1988

Cosa pensa della situazione del cinema d'autore in Italia?
Agosti: Abbiamo calcolato che, essendoci tremila sale in Italia, se ognuna di queste sale desse per dieci giorni all'anno un film d'autore, agli americani rimarrebbero 355 giorni. Ebbene, per il cinema d'autore ci sarebbero a disposizione trentamila giorni pari a quasi cento anni di programmazione. Ogni film d'autore avrebbe a disposizione dieci anni di programmazione. E questo tenendo conto del dato assolutamente cinico della colonizzazione subita dal nostro mercato: dieci giorni l'anno.

Cosa intendi quando dici che ci hai messo tre anni a girare Quartiere?
Agosti: La verità. Nel senso che noi veramente ci abbiamo messo tre anni a girarlo. Và detto che il film lo giravamo solo il sabato e la domenica proprio per non escludere qualcuno dal desiderio di dire 'forse il film lo posso fare anch'io'. Abbiamo sradicato dalla progettazione del film il dato del capitale, il dato economico che è una fissazione psicotica messa lì nella testa della gente. 'Questo film è costato venti miliardi' oppure, come dice Nanni Moretti, 'questo film è a basso costo, solo un miliardo e ottocento'. Ora il lavoratore medio per guadagnare un miliardo e ottocento milioni con quindici milioni l'anno ci impiega ottantadue anni, per cui è molto difficile che gli venga in mente di fare un film, anche a basso costo. Questa impertinente libertà di fare i conti, che, per esempio, è tipica dei bambini, noi non l'abbiamo persa e ci dà queste informazioni interessanti: che la bellezza di un'immagine non ha nessun rapporto con il fattore monetario, nessuno. Noi, badate bene, non abbiamo usato dei mezzi secondari perchè la grande industria, costretta a tempi specifici, deve usare i riflettori e non contempla il sole che è un riflettore ben più imponente. Abbiamo avuto tutto ciò che ci vuole. Abbiamo usato anche la vostra creatività, nel senso che, per esempio, della famiglia in cui avviene lo stupro non vi abbiamo fatto vedere la casa ma solo una finestra. Quando poi voi pensate alla casa della famiglia in cui avviene lo stupro è chiaro che la casa la costruite voi. Non potete non costruirla con le vostre capacità creative. Invece di dare più elementi di immagine abbiamo suggerito di volta in volta l'immagine in modo che voi non possiate fare altro che completarla. E allora in questo gesto pensiamo di ridurre l'ipotesi di progettazione dei film in termini umani. Con i mezzi che ci sono oggi, con i mezzi elettronici ognuno di voi può veramente concepire un'esperienza creativa in campo cinematografico e realizzare sè stesso. Perchè l'espressione è una necessità fisiologica fondamentale della persona umana ed io sono profondamente convinto che le galere e gli ospedali sono pieni di persone che avevano una particolare attitudine all'espressione e a cui è stato negato in modo strutturale di svilupparla. Io ne sono veramente convinto. Addirittura in termini tali da non poter non esprimermi senza rischiare l'ulcera.

Io volevo farti due domande sulla tua precedente attività di cineasta e su Quartiere. In che modo questo film si ricollega alle altre tue opere, soprattutto quelle documentaristiche in senso lato, e penso a cose come Matti da slegare, un'opera collettiva di impegno sociale ma anche un'opera cinematograficamente compiuta? E poi volevo sapere se questo tuo modo di vedere l'opera d'arte cinematografica si ricollega a certe esperienze del passato. A quali registi del passato e del presente ti senti più vicino?
Agosti: Io mi sento più vicino a quei registi che hanno cercato di non interrompere le fasi della loro vita ma di farle crescere. Chi, per esempio, non interrompe l'esperienza dell'infanzia e la fa crescere ad un certo punto approda inesorabilmente alla testimonianza di sè. E' inesorabile. Non può non farlo. Per quanto riguarda finzione e documentario, sono i due filoni alla base della storia del cinema. Nella storia del cinema troviamo Lumière che filma il bambino che fà colazione, che gioca con le palle di neve e questa è la realtà. E abbiamo Méliès che mette una testa sul tavolo, prende una pompa e con essa pompa, la testa diventa sempre più grande e ad un certo punto scoppia. Sono i due cardini originali non solo del cinema ma della persona umana, il vivere e l'immaginare, la memoria e l'immaginazione. Sono proprio i due elementi sui quali si muove ogni comportamento umano. Io percorro questi due sentieri in egual misura. Allora nella mia filmografia c'è Il giardino delle delizie che è un film fantastico o N.P. Il segreto che è un film di fantapolitica, un misto di realtà e di immaginazione, un film che poi, se lo vedeste oggi, ha perso la sua caratterizzazione fantapolitica perchè io l'ho girato nel 1970 ed immaginavo un fatto accaduto otto anni dopo, cioè l'affare Moro. Poi c'è Matti da slegare che è un'esperienza molto realistica e subito dopo Nel più alto dei cieli che è un'opera assolutamente fantastica nel suo genere. Quindi si torna a D'amore si vive che è un film molto reale in cui le persone parlano direttamente e non c'è nulla di più spettacolare delle persone che hanno il coraggio di parlare. E dopo c'è Quartiere che è un tentativo di memorizzare il presente. Io ho immaginato di vivere nel 2300 e che mi fosse commissionato un film in costume sul 1988. E io allora ho realizzato questo film facendo anche qualche errore. Per esempio in Quartiere nessuno fuma. Fra tre secoli, quando l'umanità riconciliata si occuperà solo di vita e non sarà competente come la società odierna soltanto in fatti di distruzione e di morte, il fumo sarà una cosa assurda, ma nel 1988.....Lì mi sono sbagliato. Quartiere cerca di esprimere questo paradosso: che alle soglie del Duemila i sentimenti non hanno spazio, non hanno cultura, non hanno contestazione, vengono condannati alla clandestinità. E l'unico personaggio del film che esprime questo bisogno umano è il barbone che scopre la propria sessualità e l'orgasmo a settantadue anni, in automobile, che poi è la mia automobile. Forse però, riguardo a Quartiere è interessante parlare dell'assenza di storia. Qui non c'è una storia nel senso letterale del termine. C'è la storia come sarebbe la storia della vostra vita se chiudeste gli occhi e diceste 'voglio vedere la mia vita da quando avevo dodici anni a oggi'. Allora non ci sarebbe una storia ma emergerebbero in modo misterioso delle immagini, delle penombre, dei volti in secondo piano. Emergerebbe tutto ciò che è alla base della vostra storia emotiva, non della vostra storia reale. Quartiere è una storia in questo senso, la storia del sentimento riemerso a distanza di trecento anni di storia, dove io mi sono concentrato moltissimo per vedere che cosa affiorava dal nostro presente. Quindi mi dispiace di sottoporvi a uno sforzo duplice: il primo, che è quello di assistere a delle immagini che avranno un senso plausibile solo fra trecento anni, e l'altro, che il vostro vissuto sia così traditore rispetto alla vertigine che voi avete nel trovare una storia.

Quali sono i tuoi progetti attuali?
Agosti: Il mio progetto attuale sta in questa alternanza. Io ora sono rassicurato dal fatto di potermi esprimere quando e come voglio. E voglio rassicurare anche gli altri. Così il mio prossimo film costerà ottantamila lire perchè lo girerò con una di queste telecamere VHS, mezzo pollice. Ma non è che lo giro in VHS perchè costa ottantamila lire ma perchè è l'unico mezzo che mi dà la possibilità tecnica di realizzare il film. Il film è composto di due inquadrature, una che dura un'ora e ventisette minuti e l'altra che dura tre minuti. Nessun mezzo attualmente sul mercato mi consente di fare un'ora e ventisette minuti di ripresa senza stacchi. Solo il VHS mi permette questo. Ecco perchè faccio il film in VHS. Non per dire che si possono fare anche i film a basso costo, non è questo il discorso. Non è un discorso dal basso, ma un discorso di verifica. Ogni film ha bisogno del suo mezzo e questo film che io farò e che si chiamerà probabilmente Concorso morale sarà girato in VHS. E avrà anche un'altra caratteristica. Voi sapete che se un'inquadratura dura un'ora e ventisette minuti e non ha tagli, quanto si impiegherà per girare? Un'ora e ventisette minuti. Se volete vi accenno la storia. La ragione per cui non voglio fare stacchi è intrinseca alla storia, non è un'esibizione di tipo formale perchè altrimenti sarebbe penoso. Invece la storia tratta un tema molto reale. E' la storia di una donna di ottantotto anni nata all'inizio del secolo che nel fluire delle contraddizioni tipiche dei piccoli villaggi dell'alto Lazio o dell'Abruzzo si è trovata a vivere da sola in un piccolo villaggio, in una specie di porcile. Un villaggio completamente deserto. L'antefatto è questo: un maresciallo dei carabinieri riesce a farle capire che suo figlio è stato condannato a tre ergastoli e che se lei lo vuole vedere il giorno dopo suo figlio sarà per un'ora, dalle sei alle sette di sera, al carcere di Rebibbia a Roma. Poi l'uomo se ne va. E il film è la storia di questa donna che non aveva mai visto niente, solo pietre e cielo, e che con istinto veramente animale si reca in questo carcere e attraversa per così dire tutta la civiltà. Prende il pullman, il treno, il vaporetto, il tram fino a Rebibbia. Tutto ciò viene seguito in continuità. Lei è come se percorresse un tunnel invisibile. Non sa neanche come e perchè va. Va d'istinto. Senonchè l'istinto spesso, come sapete, nella nostra civiltà è perdente e lei arriva che sono le sette meno cinque, e le rimangono solo tre minuti di conversazione. Ed è nel momento in cui si trova al di là di un doppio cristallo e di fronte a questo suo figlio che c'è il primo stacco. Lei parla al microfono con il suo dialetto e la didascalia dice 'Hai ucciso?'. E lui dice 'No'. 'Hai rubato?'. E lui 'No'. E si capisce che l'imputazione è politica. A questo punto è finita la conversazione. La donna si trova fuori dalla prigione. Ora devo solo trovare un gesto per far capire che questa persona che all'inizio è solo un animale perso sulle tracce della propria estinzione, ha acquistato una coscienza, ha capito. Insomma, quando ho trovato questo gesto comincio il film.

Lei ha fatto un film con Bellocchio, Matti da slegare, un film girato con il contributo della provincia di Parma.....
Agosti: ....la provincia di Parma diede cinque milioni.....

.....girato nell'ospedale psichiatrico di Colorno. Lei ha più collaborato con Bellocchio?
Agosti: Io ho collaborato con Bellocchio per I pugni in tasca, Nel nome del padre e Il gabbiano. Poi abbiamo fatto La macchina cinema, cinque ore sul cinema per RAIDUE. Matti da slegare è stato un film che ci ha dato soddisfazione perchè era un filmetto girato lì a Parma e invece.....

Ma lei ha cominciato a fare cinema nel '68.....
Agosti: ....nel '68 sono stato sei mesi nell'università a filmare il movimento studentesco di Roma. Sono quattro ore di immagini molto importanti, secondo me, per la storia italiana perchè sono immagini che la televisione non ha mai fatto vedere se non quando gliele ho date io personalmente. Sono molto importanti perchè quasi nessuno sa cosa è accaduto in Italia dal '68 al '77. Nessuno ha più la consapevolezza di queste straordinarie lotte per i diritti civili che ci sono state in quegli anni, di queste occupazioni delle case, come avvenivano, con le donne in prima fila. Mi ricordo che una volta, filmando l'occupazione di un grande albergo a Roma vicino alla stazione, ho incontrato una vecchietta con una candela in mano alla tre di notte. Io le ho detto: "Ma che cosa fai?". E lei: "Sto a occupa'...". C'erano delle scene veramente straordinarie. Pensate voi a dieci poliziotti schierati sull'ingresso di questo albergo deserto da trent'anni e a centoquarantatre famiglie che da dietro, attraverso le caldaie, entrano ad occupare questo edificio dall'una di notte alle tre e mezzo del mattino. In due ore e mezzo centociquanta famiglie, le donne con i bambini mezzi addormentati, entrano, spalancano tutte le finestre e, con un'organizzazione misteriosa e armonica tipica di questi momenti, ad ogni finestra c'era un gruppo di donne che gridava "e ora e ora la casa a chi lavora!!!". E allora è cominciata una sceneggiata perchè lì vicino c'erano le prostitute della stazione Termini che hanno cominciato a gridare "Ci hanno ragione!!". E la polizia allora ha cominciato ad andare avanti e indietro. Insomma delle scene importanti. E poi il carovita, tutte queste lotte, trecentocinquantamila metalmeccanici a Roma, questa straordinaria maturazione dell'Italia che arriva alle soglie degli anni Settanta con una grossa coscienza sociale e improvvisamente arriva l'ordine, grossomodo da oltre oceano, che la linea dell'andata al governo del Partito Comunista non è praticabile e che è invece praticabile quella delle stragi di Stato. E cominciano le stragi. E siccome le stragi non bastano, a diluire questa compattezza politica arriva il grande esperimento sociologico di cui voi siete ancora, per così dire, cavie, delle quattromilaottocento radio private, stese come un tappeto schizoide sul nostro paese, che trasmettono orrida musica americana di quarta serie e pettegolezzo pubblicitario, con il rincalzo delle quattrocentottanta televisioni private che 'polverizzano' questa affascinante coesione politica del Paese. Ecco ciò che è scritto dietro quegli eventi che sono contenuti in tutto questo materiale con il quale io sto costruendo un film che si chiamerà Venti anni di oblio. Nel senso che se non ci fossero state queste 'macchinette a molla' che erano i nostri apparecchi di registrazione, tutta quella memoria lì sarebbe assente, nessuno vedrebbe più niente e tutti potrebbero solo raccontare a modo loro quello che hanno visto. Un pò come è accaduto con il ventennio fascista dove l'unica memoria che l'apparato di potere ci offre è quello delle camicie nere, della Marcia su Roma, ecc. In realtà la fisionomia sociale era pressochè identica a oggi, ma se ciò fosse verificabile attraverso i documenti ci sarebbero da acquisire alla riflessione alcuni elementi. Per esempio, come è possibile che un paese tutto fascista diventa per proclama tutto democratico? E allora noi siamo convinti della necessità della nascita di questa che è un po' la nostra formula e che passa sotto il nome di unità di memoria, formate da tre persone, tre di voi, che si mettono insieme, ognuno con una telecamera e si addestrano ad intervenire su qualsiasi dato del reale. Uno ha il compito di riprendere la situazione nell'insieme, un'altro riprende solo i piani ravvicinati e un terzo indaga all'interno dell'evento. Per cui queste unità di memoria producono un materiale estremamente ricco e che testimonia l'evento nella sua massima espressione. Io vi invito, se qualcuno di voi è appassionato al progetto della vita, a diffondere l'idea di trasformare questo esercito di telecamere inoperose in queste unità di memoria dove bastano tre persone addestrate ad intervenire. Addestrate nel senso che a volte bisogna prevedere che la telecamera sia nascosta magari in una cassa di Coca Cola e uno passa con la cassa e filma. Perchè ci sono eventi cui l'apparato è estremamente sensibile e non vi permetterebbe mai di esercitare il diritto democratico alla ripresa. Vi prenderebbero la macchina da presa, come io ho visto fare decine di volte nel '68, la butterebbero in terra e con gli scarponi ve la ridurrebbero a pezzettini. Invece se voi passate con la cesta di Coca Cola andate dappertutto, con tutte le lattine vuote e la telecamera dentro, calcolando già che l'obliquità della cassa deve corrispondere all'obliquità della macchina con cui voi filmate. Quindi queste unità di memoria sono cose che possono nascere.

Mi sembra però come se ci fossero le locomotive e non ci fossero i binari. A queste unità di memoria manca poi una rete un cui diffondersi.
Agosti: A questo proposito, per esempio, io ho negato il mio materiale ad Enrico Ghezzi. Non soltanto perchè me lo passerebbe di notte, ma anche perchè non ho alcuna intenzione di operare un fraintendimento. Ho accettato di darlo ad Andrea Barbato in cambio di due minuti in cui io potessi parlare senza censure. Io ho fatto questo baratto. E, dopo che ho parlato quei due minuti, si sono guardati tutti in faccia come per dire 'e ora che facciamo, lo tagliamo?'. E' arrivato questo ometto, che era l'uomo della censura, e ha cominciato a dire "beh, si potrebbe tagliare qualcosina", e io "niente". E poi cosa vuoi tagliare su due minuti? Allora è venuto Barbato e anche lui ha detto "no, non si taglia niente". Due minuti. Io credo però che, se invece di scoraggiarsi per l'assenza della locomotiva si fosse andati avanti sulle proposte di Vertov e avessimo oggi alcuni milioni di metri di pellicola o di nastro magnetico sulla realtà, per esempio sovietica, oggi potremmo capire di più la storia. Io credo che tutto ciò che di migliore è avvenuto nella storia umana si sia sempre sviluppato nella clandestinità. Dai movimenti per la libertà al fare all'amore, tutto si è sempre svolto nella clandestinità e io credo che tutto quello che non è stato visto 'in emergenza' è stato sicuramente visto nella profondità del territorio sociale ed ha contribuito enormemente all'evoluzione dello stato sociale. Quindi un'immagine che c'è la si può sempre proiettare. Metti che un domani si arrivi ad un livello tale che si possano proiettare tutte le immagini che uno vuole. Se ci sono si proiettano e se non ci sono cosa proietti? Poi io sono sicurissimo che voi siete enormemente più freschi da un punto di vista creativo di quei dodici prezzolati che rappresentano la cultura italiana. Sono assolutamente certo di questo. Ognuno di voi darebbe una testimonianza cinematografica cento volte più fresca e autentica di quanto la diano questi dodici collaborazionisti, perchè in sostanza di questo si tratta. Quindi anche voi avete una responsabilità in questo senso. Queste unità di memoria potrebbero andare a frugare nei consigli comunali, nelle riunioni della Confindustria, nei tribunali, ecc.

Dopo aver visto Quartiere mi chiedo: come hai fatto ad avere una buona recensione da Moravia?
Agosti: Mah…io veramente quando l'ho letta non l'ho trovata niente affatto buona, anzi. Moravia ha una caratteristica strana. Che ha recensito inspiegabilmente tutti i miei film. Come ho fatto ad andare a Venezia? Non lo so. Io non ho fatto proprio niente. E' venuto Biraghi a vedere il film. Allora durava tre ore e mezza ed era muto. L'ha trovato interessante e mi ha invitato. Mi ha pregato di non dire a nessuno che mi aveva invitato per almeno un mese perchè altrimenti, mi ha detto, "mi saltano addosso tutti". Io ho taciuto e sono andato a Venezia.

Come ti sei sentito a presentare il film a Venezia?
Agosti: Benissimo, perchè era evidente che io ero un clandestino. Nessuno della critica italiana è intervenuto. Nessuno ha parlato. Magari avessero parlato. Poi di solito i critici non sono neanche capaci di capire gli esperimenti.

Hai fatto dei commenti musicali molto suggestivi......
Agosti: ....Ho fatto dei commenti musicali molto suggestivi che si legano al tema del riscatto.....

.....Uno mi sembra sia quello che inizia quando squilla il telefono, in cui sembra che debba succedere qualcosa, però non accade, resta sospeso. O quando viene detto al pranzo che uno di questi ragazzi in casa è uno degli stupratori e il padre si chiude in un silenzio assoluto. Succede qualcosa ma resta tutto in sospensione. O quando il telefono squilla, lui si alza ma non risponde.....
Agosti: .....Si, non risponde più perchè probabilmente quello è l'amico che gli telefona. E' già entrato nel suo viaggio di possibilità.....Le ragazze non hanno niente da dire su questo film? Avete trovato nella fotografia qualcosa di diverso? A Roma questo film nel mio cinema (l'Azzurro Scipioni, ndr.) è al quinto mese di programmazione e nei primi due mesi io scrivevo sul programma che il lunedì il film era presentato dallo scenografo, il martedì dallo sceneggiatore, il mercoledì dal direttore della fotografia, il giovedì dal produttore, e così via fino al regista che lo presentava la domenica. E ovviamente ero sempre io che lo presentavo tutti i giorni. Però, siccome il pubblico apparteneva ad aree diverse di interesse, quelli che venivano perchè interessati alla scenografia non sapevano che io ero anche l'autore e viceversa. E io parlavo loro del film dal punto di vista della scenografia. Poi c'è stato un tipo che è venuto tre o quattro volte e diceva: "Ma qui mi imbrogliate. Ci sei sempre tu!". E' stata una cosa divertente. La fotografia vi ha interessato un po'? E' diversa dagli altri film. Io l'ho fatta solo con due lampadine, due quarzine. Ne avevo tre, poi il bambino ne ha rotto una e così ne sono rimaste due. Perchè il sole è sempre alla base di questa fotografia, anche quando c'è buio. E anche se avessi avuto cento lampade a disposizione l'avrei fatta così. Se vai a casa tua vedrai quante zone di buio trovi, solo che non sono cinematografiche. In certi punti infatti io non voglio che lo spettatore veda bene, voglio che immagini. Per esempio, l'ultima scena del vecchio l'ho addirittura girata tutta con una lampada e ho usato solo il controluce. E ho usato anche dei metodi molto particolari. Per esempio, nella scena in cui c'è il vecchio e la donna sembra sorgere dietro a lui, quando le dice "Adesso non ricordo, io invece sono qua", c'era un controluce sul vecchio da una parte, e dall'altra la guancia della parte opposta era tutta coperta di carta argentata in modo che quando la donna saliva la luce passava, andava contro la guancia e finiva per illuminare la donna da sotto, mentre la donna salendo copriva il vecchio che diventava così sempre più oscuro. Questo tipo di gioco luministico è dato sempre da una ricerca sul riflesso della luce. Ho scoperto che una lampada più uno specchio è uguale ad una lampada e mezzo.

a cura di Marcello Cella

Intervista a Pedro Almodovar (1992)




PEDRO ALMODOVAR
Cineclub Arsenale giugno 1992

Pedro Almodovar: Mi avevano detto che Pisa è una città molto piccola e che non ci sono molti giovani. Ma mi avevano mentito. La verità è che non so molto bene perchè sono qui. Mi sono venuti a prendere in hotel, mi hanno portato qui correndo, mi hanno detto che c'erano delle persone che aspettavano e che dovevo parlare.
Volevo sapere come si può fare per vedere i film precedenti a Pepi, Luci, Bom e le altre ragazze del mucchio, cioè i Super8 che tu hai fatto prima ma noi in Italia non abbiamo mai visto. Almodovar: "Prima di Pepi, Luci, Bom ho fatto molti film in Super8. Questa è stata la mia unica scuola. E siccome questi film sono stati fatti con pochissimi mezzi era complicato, almeno lo era per me, fare la sonorizzazione dato che la banda magnetica del Super8 è molto piccola. La pellicola perciò non manteneva la sonorizzazione e risultava un pò difficile proiettarla. Questi film erano senza suono e l'unico modo era di integrarli con il sonoro in diretta nella sala mentre si proiettava il film. Io doppiavo tutti i personaggi del film in diretta, cantavo, ballavo talvolta, cosicchè completavo l'immagine. Mio fratello mi aiutava mettendo della musica. La proiezione si trasformava in un happening. Mentre veniva proiettata l'immagine il suono non era buono, così io rifacevo l'intera scena sul piano sonoro. Non so in che stato si trovino ora perchè la pellicola di questi Super8 è un materiale molto fragile. Io li tengo a casa ma può darsi che l'emulsione sia quasi scomparsa. E' un materiale che mi piace molto ma non so realmente in che stato sia.

Perchè alcuni tuoi film passati di recente in televisione sono tagliati?
Almodovar: Non lo sapevo....Sono tagliati?....Dove?

A Telemontecarlo.
Almodovar: Questa è una informazione importantissima per me, perchè io non sapevo questo. Io ho domandato al distributore perchè.....Per esempio, il distributore, riguardo a La legge del desiderio, mi aveva chiesto di tagliare i primi cinque minuti per poterlo vendere alla televisione ed io ho detto naturalmente di no…Voglio fare uno scandalo stanotte. E in Legami! che cosa hanno tagliato? Quando loro scopano? La scena dell'anatra quando Victoria Abril è nella vasca da bagno? Io credo che in Italia avete molti problemi, ma credo anche che la soluzione non sia tagliare i miei film. Sono veramente arrabbiato per questo, perchè vengo da un Paese molto simile al vostro e fortunatamente noi non abbiamo censura da più di dieci anni. La censura è un simbolo di debolezza. Mi dispiace moltissimo per questo e prometto che chiamerò il responsabile di questo. E' che è veramente un omaggio per me vedere la gente al cinema per i miei film e tagliarli è veramente un insulto. Preferisco allora non andare in televisione.....Quando sto negli Stati Uniti mi sento veramente orgoglioso dell'Europa, dell'assenza di censura per gli artisti, ma questo fatto mi fa cambiare opinione. In qualche caso, paragonato agli Stati Uniti, qui c'è molta più libertà. Fortunatamente io come regista sono nato in un'epoca in cui in Spagna non c'era censura. Ma come artista preferisco non avere i soldi del distributore e quelli della televisione, che milioni di persone non vedano i miei film in televisione se deve succedere questo. E' una notizia triste. Parliamo di altre cose. E' molto triste.

Sei abituato a farti molte autointerviste. E' perchè non ti fidi dei giornalisti? Sono davvero tanto tremendi?
Almodovar: Non è che non mi fidi dei giornalisti. Ci sono varie ragioni. La prima è una questione di tempo: da quando sono molto conosciuto ho realmente pochissimo tempo per lavorare alle sceneggiature dei miei film. Poi ci sono nel mondo migliaia di giornalisti che vorrebbero intervistarmi. La seconda ragione è che nel giornalismo c'è molto dilettantismo, e non che il dilettantismo sia necessariamente qualcosa di negativo, io stesso sono un dilettante del cinema perchè non ho nessuna tessera, ma ci sono dilettanti con talento e senza talento. E quando sento per due milioni di volte la stessa domanda comincio a sbadigliare. Credo sia umano.

E' da un pò di tempo che noi italiani abbiamo scoperto la Spagna sia attraverso il cinema, grazie a te, sia attraverso l'Expo di Siviglia. Allora mi chiedevo, se Franco non fosse morto noi avremmo qui Almodovar stasera?
Almodovar: No, no, assolutamente no

Che cosa era Almodovar sotto Franco? La tua attività quando è iniziata? Poi volevo sapere se in Spagna ci sono finanziamenti pubblici per i registi e se il dopo Franco ha favorito anche te.
Almodovar: La mia attività è cominciata da quarant'anni, da quando sono nato. Perchè sono nato molto attivo. Cinematograficamente non potevo lavorare per niente perchè vivevo in una piccola città. Perciò quando avevo sedici anni me ne andai a Madrid. A Madrid, Franco naturalmente era ancora vivo, avrei voluto studiare cinema ma non c'erano scuole di cinema e avevo bisogno di trovare un lavoro. Finchè non trovai un lavoro sicuro alla Compagnia Telefonica. Era il 1970 e con i primi soldi guadagnati acquistai una cinepresa Super8 e da quel momento cominciai a realizzare filmini in Super8. Durante la settimana alla mattina lavoravo alla Compagnia Telefonica e al pomeriggio scrivevo le sceneggiature. Poi nei fine settimana le giravo con gli amici. Questo è stato l'inizio della mia attività. Era molto, molto underground e questa è stata la mia vera scuola per raccontare delle storie con le immagini. Ogni giorno lavoravo con la maggiore serietà possibile. Questa mia attività durò fino alla fine degli anni Settanta, poi nel 1978, era morto Franco, scrissi un copione che pensavo di realizzare in Super8, era Pepi, Luci, Bom. Nello stesso tempo, fra le molte mie attività, stavo lavorando in teatro con Carmen Maura. Carmen lesse la sceneggiatura ma avrebbe voluto che fosse una cosa un pò meno underground perchè era troppo bella per farla in super8. Perciò andava fatta in un formato più grande, in 16mm.. In questa occasione sperimentammo un nuovo sistema di produzione che si chiama 'elemosina' e che fortunatamente non abbiamo mai più dovuto utilizzare…un amico cinquemila pesetas, uno tremila, un altro ancora quattromila. All'epoca non c'era nessuna sovvenzione statale per il cinema spagnolo e fare un film era una specie di miracolo. Le sovvenzioni statali sono iniziate con un decreto legge del 1983. Ma io allora ho sempre avuto molte difficoltà ad ottenere queste sovvenzioni, mentre ora potrei ottenerle con facilità, nel momento in cui non mi servono più. Non è che allora la cosa non mi riguardasse ma c'era il fatto che i miei primi film erano considerati troppo 'sporchi' per il gusto ufficiale, perciò non mi davano niente. Ora la situazione della produzione spagnola è molto miserabile e negli ultimi anni la situazione è peggiorata sensibilmente. Le televisioni non comprano i film come prima nè li coproducono, ci sono pochi soldi in giro, il Ministero della Cultura ha ora molto meno denaro di prima e il Partito Socialista ha una scarsissima volontà politica nel sostenere il cinema spagnolo. Al governo socialista non importa un granchè se viene prodotto un film spagnolo; per Felipe Gonzales e per il ministro della cultura è assolutamente uguale. Peccato!

Un giovane spettatore sale sul palco e urla: "Grande Pedro!!!!!"

Almodovar: Come ti chiami?
Giovane: Marco, che in spagnolo è Marco.
Alomodovar: Ah si, va bene.
Marco: Io volevo farti due domande perchè è tanto tempo che…Domanda a ti ma no ablas spagnol!
Almodovar: Cercherò di capirti. Devi sapere che io non parlo alcuna lingua ma se la gente mi parla direttamente guardandomi…
Marco: Ah si, la cabeza…Tu usi molto l'immagine femminile per la tua trasgressione e per la tua comicità. Volevo sapere qual'è il tuo rapporto con le donne, a parte quello fisico, che più o meno ci hanno tutti. Proprio il rapporto con le donne…mi piace tantissimo…sono molto curioso…E la seconda domanda è la ricetta del gazpacho che stasera faccio una festa…(risate, ndr.)
Almodovar: Se ti piace stare sul palco resta pure, ma se vuoi stare con i tuoi amici…come vuoi…sei libero…Eh si, il mio rapporto con le donne è nato in una narrazione che si chiama La mancha. Hai mai sentito parlare di Don Chisciotte? Io sono suo conterraneo. E' una narrazione molto conservatrice, la più reazionaria della Spagna, cosa di cui non mi sento molto orgoglioso, però è una narrazione molto 'machista', molto maschilista. Nel mio ricordo della mia famiglia della Mancha l'uomo è considerato una specie di Dio, il maschio è un simbolo. Se però devo parlare di come vedo io le donne in questo universo, per me sono come il presidente del governo e tutti i suoi ministri. La donna della Mancha vive nel silenzio ma è quella che governa realmente la casa, quella che governa la vita. Non solo dominano la situazione. Ora ti racconto un aneddoto della regina Isabella la Cattolica su ciò che diceva a sua figlia Giovanna la Pazza, che è anche un esempio di come io ho imparato la storia nella scuola. Giovanna non era una bambina brava, non voleva cucinare. Allora la regina le diceva: "Come potrai essere regina se non sai cucinare?". E Giovanna le rispondeva: "Ma quando sarò regina ci saranno i servi che lo faranno per me al mio posto". E Isabella: "Una donna che non sa governare la sua casa non potrà governare un Paese". Però devo dire che nella mia esperienza sono sempre stato circondato da donne molto forti, lottatrici accanite, autentiche sopravvissute. Il ricordo di queste donne forti, mia madre, mia nonna, le mie zie, le vicine di casa certamente hanno influenzato il mio modo di costruire i personaggi femminili dei miei film, che sono donne molto autonome, lottatrici fin dall'infanzia. I problemi delle donne e degli uomini sono praticamente gli stessi, ma nel momento in cui scrivo una sceneggiatura io credo che il modo di confrontarsi con questi problemi da parte delle donne sia molto più divertente, più interessante per il film. Per esempio, in Donne sull'orlo di una crisi di nervi…Se ti lascia una ragazza tu soffri?
Marco: Abbastanza.
Almodovar: Bene. Io credo che il dolore sia lo stesso in una donna e in un uomo, se ci tieni alla persona che ti ha lasciato. Però la reazione dell'uomo è molto meno spettacolare, molto meno interessante, almeno per me. Se un uomo viene lasciato da una ragazza di cui è profondamente innamorato che fa? L'uomo beve, si ubriaca, annoia tutti i suoi amici, racconta a tutti i suoi guai. La donna invece è molto più attiva perchè non ha nessuna paura di mostrare i suoi sentimenti, a mettersi in evidenza, non ha alcuna paura del ridicolo. Esce in strada e cerca la figlia di puttana che le ha rubato il ragazzo. Tenta di fare amicizia con lei, magari solo per farle lo sgambetto, così si fa male. La donna si muove, difende la sua vita, difende il suo amore e questo è sempre più spettacolare, più interessante da raccontare nel cinema. Io credo che questa sia la situazione…Marco la ricetta del gazpacho l'ho dimenticata…Devo leggere la sceneggiatura…(risate, ndr.) Ma è molto facile.

Parlando del collegio mi è venuto in mente che tu quando frequentavi il collegio dei salesiani avevi avuto un voto altissimo con un tema sulla Vergine Maria. E' un Almodovar un pò diverso da quello di Patty Diphusa (un libro di racconti scritti da Almodovar, ndr.). Volevo sapere, quanto ha influito su di te questa permanenza in una scuola religiosa?
Almodovar: Durante il periodo della mia permanenza in collegio ho scoperto tutto ciò contro cui avrei lottato dopo. Se avessi un figlio non lo manderei mai in una scuola religiosa. L'unico ricordo buono del collegio è che ero il cantante solista del coro e siccome mi è sempre piaciuto il teatro ho passato tutto il liceo cantando messe, romanze. Questo è l'unico ricordo veramente piacevole sul piano emotivo che ho di quell'epoca, tutto il resto è un incubo.

Che fine ha fatto Carmen Maura?
Almodovar: Adesso sto scrivendo la sceneggiatura del nuovo film e se c'è un ruolo per lei le chiederò di farlo, ma non so adesso. Carmen è forse la migliore attrice che abbia trovato per lavorare con me. Non so se è la migliore attrice del mondo ma lei era quella che meglio capiva quello che io volevo dire. E' stata come un miracolo per me.

Vorrei sapere se per Matador hai preso spunto da un episodio particolare per scrivere una trama simile. Che cosa ti ha spinto a scriverla?
Almodovar: Matador è il meno realista di tutti i miei film. Io lo vedo più come una favola che come una storia naturalista. Non volevo che lo spettatore si identificasse con questa coppia di veri assassini. Per me è una specie di film molto astratto. Quello di cui volevo parlare era il piacere sessuale. Questo all'inizio doveva essere un film sulla morte perchè, anche se non ho ancora quarant'anni, non riesco ancora ad accettare l'idea della morte, non riesco nemmeno a capirla. Molto spesso ci si affida alla scrittura come strumento per conoscere noi stessi. Per cui Matador in realtà doveva essere un film sulla morte. Nel Paese da cui provengo la morte è un'idea molto radicata, la morte fa parte di un grande spettacolo nazionale che è quello della corrida, e a me interessava parlare della sessualità all'interno del mondo dei toreri, cosa di cui in Spagna non si parla per niente perchè in Spagna se c'è un autentico eroe questo è il torero, e i toreri, la corrida sono cose assolutamente sacre, sono come una religione. E quando si vuole parlare del mondo dei toreri bisogna parlare soprattutto della festa, ma non del fatto che il torero la relazione con il toro la trasporta anche sul piano della relazione sessuale tra un uomo e una donna, nella quale sia l'uomo che la donna possono assumere il ruolo del toro o quello del torero, e viceversa. Parlando del piacere sessuale, al momento della scrittura mi sono reso conto che la metafora del matador si è posta come un teorema: che se tu hai sognato un piacere straordinario devi essere pronto a coglierlo ma devi anche essere pronto a pagarne un prezzo altrettanto straordinario. E' un teorema poco allegro, ma è questa l'idea di fondo di Matador.

A volte parlando con gli amici dei film di Almodovar è uscita questa frase, 'i film di Almodovar sono di cattivo gusto'. Allora volevo chiederti, cosa è per te il cattivo gusto?
Almodovar: E' molto difficile spiegare cosa è il buon gusto e cosa è il cattivo gusto perchè in effetti non sono due idee assolute. Il buon gusto e il cattivo gusto sono due idee relative. Io non credo che i miei film siano di cattivo gusto. Quello su cui sono d'accordo è che io utilizzo molti elementi del cattivo gusto combinato con altre cose. Io credo che i miei film siano molto barocchi, molto eclettici, pieni di cose terrene e nelle cose terrene il cattivo gusto è incluso. Talvolta il cattivo gusto dà una enorme energia, tiene alto l'umore. Il buon gusto e il cattivo gusto non sono la stessa cosa, dipende da cosa predomina. Ci sono due concetti difficilissimi da definire, quello dell'erotismo e della pornografia da una parte, e quello del cattivo gusto e del non gusto dall'altra, perchè, come si usa dire in spagnolo gli estremi si possono sfiorare e una cosa può diventare un'altra. Come in tutte le cose della vita dipende soprattutto dalla propria sensibilità ad accettarlo e dal talento di chi lo usa. Ma non abbiate paura del cattivo gusto.

Volevo farti una domanda non tanto come cineasta, artista, uomo di cultura, ma in quanto spagnolo, in quanto persona che vive in questi giorni a Madrid. Una cosa che ho sempre sentito dire dagli spagnoli con cui mi è capitato di parlare è che il passaggio dal franchismo alla democrazia, alla costituzione è stata vissuta come una liberazione, come una cosa molto importante per il popolo spagnolo. Ti chiedo però questo: è stato molto importante che vi siate tolti dall'isolamento culturale e anche economico in cui vivevate durante il franchismo, ma questo entrare in Europa come ci state entrando adesso, omologandovi alla cultura dominante nel continente, da quello che mi sembra di vedere dall'esterno, da quello che leggo, da quello che vedo, per esempio anche con l'EXPO, ecco tutto questo non rischia anche di intaccare la vostra identità? Questa situazione tu la noti e, se la noti, ti piace oppure no?
Almodovar: Questa omologazione se mai dovesse avvenire sarebbe il peggior risultato della nostra integrazione in Europa. E questo problema in una certa misura è sentito in Spagna. Felipe Gonzales è veramente ossessionato con l'Europa, talmente ossessionato che probabilmente si è dimenticato della Spagna. In questo processo di integrazione con l'Europa stanno per essere investite anche molte cose della vita spagnola che l'amministrazione generale e anche quella municipale, cittadina, come quella di Madrid, vogliono cambiare, ad esempio la vita notturna. Si pretende che la vita a Madrid e in Spagna sia come in qualsiasi città europea, ma spero che i madrileni e gli spagnoli reagiranno con energia a questo tipo di imposizione. Io penso che la prima cosa che bisognerebbe rispettare dovrebbe essere la varietà di lingua, di cultura, di stili di vita, e questa varietà dovrebbe essere la ricchezza di questo continente.

Due domande rapide. La prima riguarda il tuo nuovo film Tacones Lecanos (Tacchi a spillo): cosa significa la citazione di Sinfonia d'autunno di Bergman, quando la madre e la figlia parlano della sonata di Chopin: è un riferimento serio per te o un riferimento scherzoso a Bergman? La seconda è questa: cosa significano tutti gli elementi autobiografici di tutti i tuoi film e la tua presenza fisica in alcuni di essi?
Almodovar: Non appaio in tutti i miei film e negli ultimi tre non appaio mai, e anche laddove apparivo succedeva perchè mancava un attore. In quanto a Tacchi a spillo, se cito un film di Bergman non significa che stia diventando meno serio. Se mi riferisco ad un film, parlo della mia sensibilità, della mia esperienza, e quel film fa parte della mia esperienza. Quando succede in un mio film è un atteggiamento attivo non gratuito, perchè per me dopo aver visto un film questo diventa parte della mia biografia. Credo che sia un modo originale di spiegare la situazione da parte di Rebecca a sua madre, che le dice "ma perchè, perchè hai fatto questo?" (con voce esageratamente drammatica, ndr.) e la figlia le dice "hai visto Sinfonia d'autunno?".La figlia comincia a spiegare il film alla madre in un momento drammaticamente denso e questa è la cosa che più mi piace di Tacchi a spillo. In ogni caso, come dice Victoria Abril la scena chiarisce il rapporto che c'è fra le due donne. Non importa che nel mio film si parli della mia esperienza, delle cose che non amo, delle cose che amo, delle cose che odio, l'importante è che si parli di un film come parte dell'esperienza di vita di una persona. Poi io non ho alcun pregiudizio, ci sono film di Bergman che mi piacciono e film che non mi piacciono. C'era un critico in Spagna che diceva che il cinema di Bergman gli piace molto di più quando lo rifà Woody Allen o Pedro Almodovar, che non in sè stesso…Cosa si fa alla sera in città?
Coro unanime: Niente!!!
Almodovar: Niente? Allora se è così vuol dire che voi siete i colpevoli di questo, gli unici colpevoli.

a cura di Marcello Cella