venerdì 3 febbraio 2012

Lettera all'On. Mario Monti


Lettera al Capo del Governo Italiano, On. Mario Monti – Le racconto la mia storia

Caro On. Mario Monti,
chi le scrive è rimasto arrabbiato, indignato e pure intristito dalle sue affermazioni di questi giorni sulla “noia” del posto fisso. Se Le scrivo è perchè io, a parer suo, sarei un buon esempio di lavoratore che non si è mai annoiato perchè un posto fisso non l'ha mai avuto, un sindacato non lo ha mai visto e nemmeno un contratto a tempo indeterminato. Chi le scrive è un lavoratore che non si “annoia” da 22 anni perchè non conta niente. Non è un genio, non ha santi in paradiso e neanche una rappresentanza politica. Se le scrivo è anche perchè a 51 anni sono arcistufo della vulgata sulla disoccupazione e sul precariato che sono, pare per un dono di natura, solamente giovanili e del milione circa di precari ultraquarantenni con o senza famiglia a carico non si occupa nessuno. Evidentemente nell'Italia giovanilista e godereccia, ma anche sobria e moralista propagandata dai media berlusconiani e non, non è una buona immagine per il Paese. Quello che ha appena festeggiato i suoi primi 150 anni di vita a spese dei lavoratori e dei poveracci che l'hanno fatta, ma che quasi nessuno si è preso la briga di ricordare nello sfarfallio di giacche e cravatte, alte uniformi militari e tonache talari. Quindi è con questo spirito che Le scrivo questa lettera per raccontarle la mia storia di lavoratore non “annoiato”.
Ho 51 anni e vivo a Pisa. Mi sono laureato nel 1989 e da allora ho lavorato e accumulato molte esperienze lavorative in vari campi della cultura, della comunicazione e del sociale. Sempre a mie spese, tengo a sottolineare, perchè la famosa formazione continua nel nostro paese è quasi sempre a carico dei lavoratori che gli imprenditori e i politici “hanno ben altro a cui pensare”. In particolare mi sono trovato spesso a lavorare nel settore pubblico in enti locali, scuole, biblioteche universitarie, soprintendenze, oltre a maturare altre esperienze nel settore privato sociale e culturale in Italia e all'estero. Non avendo santi in paradiso da allora ho quasi sempre lavorato, ma sempre a tempo determinato (le varie forme contrattuali le ho sperimentate quasi tutte), e spesso mi sono trovato a lavorare fianco a fianco con i cosiddetti 'fannulloni' che effettivamente in genere nulla fanno se non passare piacevolmente il tempo a chiacchierare, fumare (anche dove è vietato), bere caffè, fare le parole crociate, telefonare ad amici e parenti, fare videogiochi, leggere il giornale (ma questo più difficilmente perchè richiede un certo sforzo) e trovare ogni pretesto per imboscarsi, tipo uscire dall'ufficio per fare un lavoro che richiede un'ora di tempo e mettercene tre, così nel frattempo si va a fare la spesa, si va al bar, ecc.). Accanto a questi ci sono poi quelli che fanno finta di lavorare perchè un po' si vergognano e quelli che ci provano anche a lavorare, ma non hanno alcuna competenza per il posto che occupano. Ovviamente c'è poi un manipolo di eroi che lavora per tre e anche di più perchè comunque le cose devono essere fatte e non puoi contare sui colleghi fannulloni o incompetenti. Con il risultato che le cose spesso vengono fatte male e accrescono la frustrazione e il disincanto di questi veri 'cavalieri del lavoro' (altro che i guitti di Arcore!). Tengo a sottolineare che quasi sempre queste persone, i 'fannulloni' intendo, hanno un contratto a tempo indeterminato e hanno superato (?!!) i loro bravi concorsi pubblici. Io, per esempio, anni fa ho lavorato per poco più di un anno con un contratto a tempo determinato in una biblioteca universitaria il cui direttore passava piacevolmente la maggior parte del tempo di lavoro dedicandosi ad un'attività sportiva extra-lavorativa. Con il permesso della struttura universitaria, ovviamente. Mentre il vicedirettore, persona peraltro degnissima, una volta mi confessò che in tutta la struttura universitaria in cui lavoravo (compresi istituti, dipartimenti, uffici, ecc.) l'unica persona non raccomandata ero io. Lì per lì la cosa mi inorgoglì. Ma poi ho capito che era una cazzata perchè alla scadenza del contratto fui licenziato e al mio posto fu assunto il nipote di un ministro, poi presidente di regione, di rara ignoranza e incompetenza. A tal punto che in seguito il vicedirettore della biblioteca mi confessò che il servizio innovativo di prestito on line che avevo messo in piedi e per il quale ero stato assunto, di cui mi ero occupato per più di un anno era stato smantellato perchè il mio successore non era in grado di gestirlo. In effetti tutta questa gente si annoiava molto e passava il tempo a lamentarsi di mogli, mariti e amanti sventolandomi il proprio contratto a tempo indeterminato sulla faccia come una bella sfiga. Vuoi mettere con la possibilità di muoversi e fare altre stimolanti esperienze di lavoro?
Ho poi passato due anni in un ente pubblico con un contratto da LSU (lavoratore socialmente utile) su un progetto di valorizzazione dei beni culturali che manifestamente non esisteva e noi non avevamo niente da fare se non giustificare con la nostra presenza i finanziamenti che l'ente riceveva dallo Stato per rinnovare il proprio settore informatico. Ho fatto anche cinque anni di supplenze in una scuola dove c'erano spesso insegnanti incapaci perfino di scrivere un giudizio sui propri alunni per l'esame di maturità perchè l'italiano era per loro una lingua sconosciuta.
Pensa che sia politicamente di destra? Si sbaglia, perchè ho sempre votato a sinistra, ma oggi mi sento soprattutto preso per i fondelli perchè quasi sempre nella mia esperienza lavorativa, raccomandati e fannulloni provenivano da un'area politica, diciamo “progressista” (?!), almeno a parole. Ma poi nella pratica tenevano famiglia. Io sono perfino a favore della piena occupazione (cosa di cui oggi neanche la sinistra più estrema osa parlare) e per l'abolizione della nefanda legge Biagi (ma anche del precedente, indecente e ipocrita pacchetto Treu del governo D'Alema, quello della “flessibilità buona”, ovviamente quella degli altri visto che questi signori in parlamento ci stanno da svariate ere geologiche). Quindi perchè mi lamento? Ma andiamo avanti. Una delle mie ultime esperienze di lavoro in un ente pubblico è stata forse la più significativa. Due anni in un ufficio cultura con altre tre persone, tutti a tempo determinato. Bel rapporto con i colleghi, tanta voglia di fare ed entusiasmo, buone competenze. In breve tempo nonostante le inefficienze e le insofferenze dell'ambiente intorno a noi mettiamo su uno staff di ottimo livello che porta a termine in pochi mesi progetti che giacevano nei cassetti dell'ente da anni e altri ne mettiamo in cantiere. Ma neanche un grazie da parte di assessori e funzionari. Anzi, ci rendiamo conto che l'ostilità dell'ambiente verso di noi cresceva. Già, ma com'era l'ambiente intorno a noi? Diciamo che c'era un dieci per cento di persone che lavoravano e lo facevano pure bene e che erano molto contente della nostra presenza perchè si sentivano psicologicamente rincuorate dal fatto di essere meno isolate. E il resto del personale? La maggior parte passava il tempo a cazzeggiare in vario modo, spettegolando alle spalle nostre e di quelli che non avevano nè tempo, nè voglia di farlo. E i funzionari che facevano? Prendevano provvedimenti disciplinari? Neanche per sogno, e se c'era da rimproverare qualcuno eravamo noi, “quelli a tempo determinato”, i capri espiatori per qualsiasi futilità. In realtà ci siamo resi ben presto conto che tutti prendevano ordini da un alto funzionario dell'ente e che non svolgevano un servizio pubblico, ma un servizio privato. Infatti se c'era qualcosa che premeva a lui (“don Calogero”, come lo chiamavamo noi scherzosamente richiamando la sua figura una via di mezzo fra un cardinale e un boss mafioso) tutti si mettevano in moto, ma per il lavoro ordinario dell'ufficio tutto cambiava e allora il lavoro poteva aspettare. Settimane, mesi, anni. La situazione più divertente era quando questo funzionario arrivava alla mattina mentre tutti si facevano bellamente gli affaracci propri, mai sanzionati in nessun modo, e c'era una dipendente la cui unica attività quotidiana era la preparazione del caffè per il don. Poi, con perfetta scelta di tempo scenico, entrava nella stanza dove magari noi aspettavamo invano il don magari da un'ora ed annunciava giuliva "Carlo (nome di fantasia, ovviamente), è pronto il caffè". E lui, qualsiasi cosa stesse facendo, si alzava e andava a gustarsi il suo caffè in santa pace, mentre noi o chi altro doveva attendere la fine dell'espletamento di una mansione di tale importanza strategica per l'ente. Tutti questi lavoratori (?!), ovviamente, con un bel contratto a tempo indeterminato. Nemmeno con il raggiungimento dell'età pensionabile l'ente si è liberato di questo ridicolo figuro, perchè, mi è stato poi detto, gli è stato fatto un nuovo contratto di consulenza per i suoi alti meriti (?!) e così continua a fare il bello e il cattivo tempo supportato, come un signore feudale, dalla sua sgangherata corte di valvassori e valvassini. Naturalmente tutto a spese nostre, anche di quei disoccupati come me che, per il tempo che hanno incassato il sussidio di disoccupazione hanno dovuto pagare anche le tasse sul sussidio (per la cronaca un centinaio di euro al mese su un sussidio di circa 850 euro: anche queste sono tasse, nessuno ha mai avuto, en passant, l'idea di abolire questo scandalo, a proposito di abbassamento delle tasse?). Aggiungo che negli ultimi nove mesi di lavoro abbiamo dovuto anche subire l'ingombrante presenza in ufficio di un consulente esterno, esperto di nulla, ovviamente a spese dell'ente cioè di noi tutti, ma molto ben visto, diciamo così, dall'assessore o da chi per lui e che perciò abbiamo dovuto espletare, oltre al nostro, anche il suo lavoro. Poi lui, perennemente assente, passava ad incassare gli elogi dei superiori con cui si permetteva anche di sparlare di noi perchè non eravamo abbastanza servili. E il nostro bel lavoro di due anni che fine ha fatto? Ci hanno forse ringraziato assessori, funzionari, colleghi a cui spesso abbiamo dovuto togliere le castagne dal fuoco? L'ultimo giorno di lavoro non si è presentato nessuno a salutarci, a parte un piccolo funzionario, vittima a sua volta di quel bel sistema, e il nostro bello staff è stato smantellato e con questo l'ufficio che era stato creato. E i progetti di cui ci occupavamo? Ora non se ne occupa più nessuno perchè tanto sono pubblici ed essendo di tutti a nessuno importa niente. Pochi mesi dopo, come giornalista (precario ovviamente), mi dovetti di nuovo occupare di quell'ente sull'onda di un comunicato sindacale di protesta e accennai qualche blanda critica, memore di quello che avevo vissuto lì dentro. Il giorno dopo, privi di vergogna, alcuni miei ex colleghi (?!) mi telefonarono dandomi del "fascista, dopo tutto quello che abbiamo fatto per te!" (non so cosa, visto che io ero a spasso e loro, nonostante tutto quello che (non) fanno stanno ancora lì, e comunque la frase la dice lunga sulla mentalità). Ovviamente in mezzo a questi contratti pubblici a tempo determinato ho anche lavorato per cooperative sociali e altri enti culturali privati, tutti molto progressisti e di sinistra, ma che mi pagavano in nero e contratti neanche a parlarne, “tanto siamo sulla stessa barca”. Divertente vero? Ma io mi arrangio per i cazzi miei, mentre loro continuano a ricevere fondi pubblici ogni volta che si lamentano un po'. E continuano a godere di un'immeritata fama di progressismo sinistrese.
Vorrei concludere questa mia lunga disquisizione con un ultimo episodio. Anni fa partecipai ad un concorso pubblico bandito da un importante ente regionale. I concorsi erano in realtà due perchè, anche se erano pressochè identici, dovevano andare a coprire due settori diversi dell'ente. Pertanto i colloqui erano stati fissati in due giorni diversi. Io, essendo disoccupato, ho ovviamente fatto domanda per entrambi, come immagino farebbero tutti quelli che si trovano nelle mie condizioni ed hanno di fronte due possibilità pressochè identiche per essere assunti. Il primo giorno vado al colloquio e non noto nulla di strano, se non l'estrema genericità delle domande fatte dalla commissione ai candidati. Noto soprattutto una candidata che, nonostante i posti messi a concorso riguardino la comunicazione, parla per tutto il tempo di trasporti e nessun commissario si scompone. Ma il giorno dopo trasecolo perchè noto subito una cosa. Alcuni dei candidati presenti il giorno prima sono assenti, mentre sono presenti altri candidati che il giorno prima non c'erano. Esprimo la mia perplessità ad una mia collega presente anche il giorno prima e lei mi dice testualmente: "Quelli che sono sicuri di vincere il concorso di ieri che ci vengono a fare oggi? E viceversa". Poi, quando è il mio turno per il colloquio scopro che il mio curriculum non lo conoscono perchè lo hanno perso e la commissione non lo ha mai visto. Strano, perchè io sono sicuro di averlo spedito. Ma uno dei commissari poi mi dice: "ce lo spedisca domani via mail" (cosa che poi farò, senza effetto alcuno). Ed anche quando mi chiedono di parlargliene a voce, dopo poco il presidente della commissione mi blocca perchè "va bene così", anche se io stavo parlando ancora delle mie esperienze lavorative nei primi anni Novanta. Poi mi fa due domande su alcune leggi regionali per rispondere alle quali bastava essersele lette mezz'ora prima del colloquio e mi congeda. Ovviamente il concorso lo passano quelli che lo dovevano passare. Addirittura ho il dubbio che uno dei candidati vincitori, che ho conosciuto anni prima, non si sia nemmeno presentato ai colloqui perchè io nei due giorni della selezione non l'ho mai visto. Forse mi sbaglio. Però telefono lo stesso alla ragazza che era con me ai due concorsi e anche lei non ne è sicura. Ma poi aggiunge: "E comunque non avrai mica fatto questo concorso per vincerlo, vero?". Ha ragione perchè in effetti nella mia lunga esperienza di concorsi pubblici non ne ho quasi mai visto uno regolare e i concorsi in questo paese sono delle simpatiche occasioni di socialità vagamente teatrali dove la gente partecipa come alle Olimpiadi decoubertiniane di una volta. Tanto "l'importante è partecipare". Intanto i posti di lavoro con relativi stipendi se li cuccano gli altri e tu resti a spasso a costruirti le tue esperienze di lavoro e di formazione per conto tuo e, soprattutto, a tue spese, se ce la fai, o ti fai aiutare ancora dai genitori, mentre gli anni passano e tu sei stufo di questa attesa infinita dove il file intitolato “progetti per il futuro” non esiste. Che c'entra tutto questo con i 'fannulloni' o 'nullafacenti', con i raccomandati e con i corrotti, con quelli delle scorciatoie? C'entra eccome, perchè tutta questa bella gente ha ottenuto quasi sempre i posti di lavoro che occupa abusivamente grazie al clientelismo familistico, partitico, politico, sindacale. Come pretendere poi dalle persone selezionate in questo modo che lavorino anche? Quando sanno benissimo che occupano il loro posto per meriti ben diversi dalla capacità lavorativa, dalle competenze, dalle esperienze maturate? E se non si parla di questo che è all'origine del dolce far nulla dei 'fannulloni' (che io peraltro non invidio perchè fare finta tutta la vita di lavorare alla lunga impoverisce, abbrutisce e degrada psicologicamente e moralmente le persone) non si capisce niente del fenomeno e si fa solo demagogia. Fanno ridere i nostri politici che si occupano solo di economia, cioè di soldi (soprattutto di quelli che ne hanno molti). In realtà l'emergenza del nostro paese è etica e culturale. Perchè non si è mai visto un paese profondamente corrotto, classista e feudale come il nostro che abbia poi anche un'economia sana in cui i lavoratori lavorano e sono contenti di farlo perchè giustamente gratificati da una classe dirigente onesta e trasparente e che ha una visione del futuro del nostro Paese, un'idea del suo sviluppo e del bene comune. Una classe dirigente che nel nostro paese manca quasi del tutto, essendo per lo più occupata ad evadere le tasse, a pagare poco i lavoratori, a portare i capitali nei paradisi fiscali, a difendere i propri privilegi, a fare la bella vita con i vip (che, per chi non lo sapesse, sta per Very Important Person, praticamente un ossimoro per persone che non valgono nulla) come i Corona, i Mora e veline al seguito, oppure a costruire hotel di lusso per i loro cani (è successo davvero a Forte dei Marmi). Che evidentemente contano molto di più delle persone che lavorano per loro e contribuiscono alla loro sproporzionata e ingiusta (si può ancora dire?) ricchezza.
Io intanto nel frattempo ho cambiato ancora altri lavori. Mi sono occupato di un bambino disabile nell'ambito di un progetto per le cui competenze richieste ho lavorato svariati periodi all'estero come volontario con bambini di strada e orfani, ovviamente a mie spese e senza alcun riconoscimento nel mio Paese. Poi nel giugno scorso il contratto è scaduto e non mi è stato rinnovato. Da allora faccio lavoretti, mi faccio aiutare da mia moglie e dai miei genitori (87 anni), che sono il mio vero welfare visto che, avendo dovuto lavorare (per una scuola pubblica) con partita Iva non ho nemmeno diritto ad un sussidio di disoccupazione. Ma continuo ad occuparmi, prevalentemente come volontario, di bambini con problemi di apprendimento, bambini figli di immigrati o di famiglie rom e seguo anche un corso a Roma, ovviamente a mie spese, per diventare mediatore sociale di comunità nell'ambito di un progetto europeo. Solo che i miei soldi stanno finendo e presto non saprò più dove prenderli. Certo non me li darà lo Stato che Lei rappresenta visto che di gente come me non si interessa, come non se ne interessano né partiti politici, né sindacati. Tutti ad inseguire i giovani che fa più figo. Solo che i giovani con il tempo invecchieranno e si troveranno nella mia situazione. Già, ma qual'è la situazione di un lavoratore come me che non si è mai “annoiato” e sia allo Stato che ai privati non è costato quasi niente?
Tempo fa ho cercato di ricostruire la mia posizione pensionistica all'INPS dove mi hanno comunicato che se smettessi di lavorare adesso, dopo più di 22 anni di lavoro precario, la mia pensione ammonterebbe a 95 euro mensili. Quando me lo hanno comunicato non sapevo se piangere o ridere. Mica solo per me, badi bene, ma soprattutto per il povero e sfortunato Paese in cui vivo e nel quale tragedia e ridicolo non sono quasi mai nettamente separati (non saremmo sennò il Paese della commedia all'italiana). Per i miei genitori e per mia moglie che si ritrovano in casa una specie di senza fissa dimora senza prospettive né di lavoro vero, né di reddito, per i giovani presi in giro con la storia della flessibilità buona in entrata o in uscita, e per tutta quella povera gente che si vergogna della propria condizione di cui non ha colpa (mentre ladri e corrotti di ogni specie se ne fregano della vergogna e continuano a rubare per sé, per le cricche che rappresentano o a portare i soldi dei lavoratori italiani nei paradisi fiscali).
Ecco, quando sento persone privilegiate come Lei che, dall'alto dei loro lauti stipendi, dei loro privilegi e dei loro inamovibili posti di lavoro, si permettono di disprezzare chi fatica a vivere e a lavorare in un Paese pieno di ladri, corrotti e raccomandati che hanno vissuto a spese di gente come me mi chiedo ma dove sta la Costituzione, dove sono i diritti, la dignità? E quale visione dell'Italia e del mondo ha una classe dirigente come quella che Lei rappresenta a livello nazionale ed europeo tutta impegnata a ricacciare gran parte della società in scenari di disperazione sociale descritti da scrittori come Dickens o Zola ma nell'Ottocento? Forse si pensa che qualche sobrio imbonimento, qualche barzelletta o se serve qualche manganellata ben assestata sarà sufficiente a tenere buoni, sottomessi e con il cappello in mano davanti a vecchi e nuovi padroni svariati milioni di persone senza più nulla da perdere e senza nessuna rappresentanza politica? Che cosa c'è di moderno nel mondo di servitù e di povertà che sta avanzando anche in Occidente (dopo aver devastato tanti Sud ed Est del mondo ricco?) in grandi masse di popolazione senza che i privilegi dei ricchi e dei potenti, delle banche e dei generali, di chiese e consorterie più o meno criminali, vengano minimamente toccati? Che cosa dobbiamo fare perchè Lei e la classe dirigente che Lei ben rappresenta cambino visione delle cose e del mondo prima che tutto vada a rotoli? Forse anche Lei pensa di cavarsela come la regina Maria Antonietta che un paio di secoli fa, davanti ad un suo ministro che le diceva allarmato “Il popolo è sempre più povero. Il popolo ha fame, non ha più soldi per comprare il pane!”, rispose “E che sarà mai? Dategli le brioches!”. Poi però il popolo si stufò di avere gente come lei al potere, scoppiò la Rivoluzione francese e la regina fu ghigliottinata. Io non Le auguro una fine del genere, Le chiedo solo, pacatamente e sobriamente, ma di tutto cuore di essere più lungimirante della ottusa, provinciale, corrotta ed ignorante classe dirigente che l'ha voluta porre a capo del governo del nostro Paese per mascherare meglio, grazie alla Sua rispettabilità, le proprie malefatte.
Cordiali saluti.


Marcello Cella