domenica 24 giugno 2012

Workshop aperto a tutti alla Stazione di San Giuliano Terme (Pisa) il 28 giugno 2012 alle ore 17.00. La Romania e l'abbandono minorile. Bambini e adolescenti istituzionalizzati, ragazzi di strada e un fenomeno sociale nuovo e devastante, quello dei cosiddetti orfani bianchi, cioè i bambini lasciati in patria alle cure di parenti e amici dai genitori emigrati all'estero per lavoro. Una situazione che riguarda circa 350.000 minori e che sta diventando un grave problema sociale: abbandono scolastico, suicidi, consumo di sostanze, depressione, devianza il corollario drammatico di questa condizione di disagio. Un incontro aperto a tutti per capire insieme il fenomeno e cosa si può fare per contrastarlo.

sabato 9 giugno 2012

Essendo uno degli autori del documentario forse non dovrei farlo, ma vorrei ringraziare tutti delle bella e commovente partecipazione di giovedì' sera alla proiezione del nostro documentario "Sessantottozerootto - Dialoghi a distanza sui tempi che cambiano". Soprattutto vorrei ringraziare Giuseppe e Francesca che hanno messo veramente l'anima per portare a termine nel migliore dei modi un progetto lungo e complesso come "68-08". Senza di loro, la loro passione, la loro capacità di sognare insieme a me nulla di tutto ciò che avete visto sullo schermo sarebbe stato fatto. Perchè lo abbiamo fatto? Sicuramente per passione, forse per incoscienza e, per quanto mi riguarda, anche per un certo fastidio per la rimozione storica e la falsificazione che circonda il discorso pubblico su quegli anni. Io, per età anagrafica non ho partecipato a quegli eventi, ma li ho vissuti anni dopo di riflesso, durante il '77 che è stata una cosa diversa, un movimento forse più "estetico" che politico, ma comunque "etico" (l'etica è contenuta, non solo terminologicamente nell'estetica). E comunque, non essendo per indole un militante di professione, mi ricordo però sempre uno slogan che campeggiava spesso sui muri della mia città natale (La Spezia) in quegli anni e che, miracolosamente, ancora resiste in alcune viuzze del centro meno battute dai turisti e che recitava: "Non sognare, fallo". Uno slogan che non era contro il sogno dei sessantottini, ma esprimeva l'esigenza che alle belle parole facesse seguito anche qualche buona azione nel tentativo di migliorare almeno un po' questo nostro mondo così diseguale. Io quella frase me la sono sempre portata dentro sia quando ho affrontato temi più prettamente estetici e culturali (sicuramente per questo sono sempre stato attratto più dal cinema della realtà o dai documentari sociali che non dal cinema più prettamente di finzione) che nei miei impegni professionali. In questo senso trovo una certa coerenza nel fare un documentario come "68-08" e occuparmi di adolescenza e infanzia in condizioni di disagio in Italia e in Romania. Non sarà la Rivoluzione, ma se è vero che, come afferma il Talmud e la tradizione religiosa ebraica, "se salvi una vita salvi il mondo intero", noi a questa piccola, lillipuziana rivoluzione delle coscienze abbiamo cercato di dare il nostro modesto contributo. Cercando anche di far assumere a questo nostro documentario un senso di dialogo fra le generazioni che ci premeva molto di più che partecipare alla ricorrenza del '68 come evento mediatico-politico. La lettera del padre che cerca di comunicare almeno un po' della sua vita alla figlia, come la canzone che una figlia, Evelin Bandelli, dedica al padre Alfredo, che di quell'epoca fu uno dei maggiori cantori, alla fine del film, hanno un po' questo significato. Fra l'altro mi piace sempre ricordare un aneddoto che è anche significativo di quanto la realtà entri in un'opera non preconfezionata come è il documentario sociale, per darle un tocco di poesia che essa contiene in sè per chi sappia osservarla con attenzione. La lettera del padre alla figlia all'inizio del film non è un escamotage narrativo, ma è una lettera vera, il frutto di un incontro sorprendente. Infatti anni fa, quando inziai a pensare a questo progetto e ad un'idea che non fosse la rappresentazione audiovisuale di una tesi, durante una mia ricerca all'interno di una libreria dell'usato, venni attratto dalla copertina di un libro, di cui non ricordo nemmeno il titolo, e per qualche motivo, lo comprai. Arrivato a casa cominciai a sfogliarlo e ad un certo punto da una pagina interna cadde per terra un foglio. In questo foglio un padre scriveva questa lettera alla figlia per motivare il regalo del libro. Di quel libro. Mi commosse e decisi che se avessimo realizzato questo documentario l'avrei utilizzata. E così è stato. Fra l'altro è la seconda volta che mi succede. Anni fa, durante la realizzazione di un altro mio documentario a cui tengo molto, "Un sorriso in faccia la mondo", girato in Romania su bambini e adolescenti che avevano vissuto l'esperienza terribile dell'orfanotrofio, un giorno da un libro abbandonato da qualcuno su un tavolo dell'appartamento sociale della fondazione romena che mi ospitava, mi cadde in mano un foglio. Su questo foglio una ignota volontaria cominciava a raccontare la sua esperienza negli orfanotrofi romeni ad un immaginario diario. Quell'ignota volontaria e quella pagina di diario sono poi diventati la struttura narrativa del documentario. Tutto casuale? Può darsi. Ma se ha ragione chi afferma che niente nella vita avviene per caso. ma sempre per una insondabile necessità, voglio pensare che quella pagina di diario come questa bella lettera di un padre alla figlia siano stati un piccolo/grande regalo del dio dei sognatori, un suo incoraggiamento a chi, come noi, cerca di vivere e agire umilmente ma fermamente, pur con tutte le proprie fragilità e contraddizioni, secondo i principi contenuti in quello slogan del '77 vergato da mani ignote su alcuni muri della mia città natale: "Non sognare, fallo". Marcello Cella