venerdì 20 gennaio 2017




Lo Sparviero della Maremma. 
A tavola col brigante
di Maura Moscatelli
(Editrice effequ, Orbetello, 2016)

La Maremma è terra di sapori forti e di storie grasse, come la terra rossa, polposa che ne costituisce l’humus naturale. Se andate a cena in Maremma con persone originarie di quei luoghi non mancheranno mai una cucina saporita, abbondante e ricca, per quanto non molto complessa nella preparazione, vini pastosi in quantità e, soprattutto, storie e barzellette a sfondo sessuale piuttosto esplicite, nonché storiacce di violenza e di sangue che emergono all’improvviso durante la cena come la nebbia sulla laguna di Orbetello, dando un tocco di mistero a paesaggi che ispirano apparentemente solo pensieri idilliaci e pacate riflessioni sul senso della vita. Ma della vita fa parte anche la morte. E il popolo maremmano sembra esserne più cosciente di altri, forse per esorcizzarla ed allontanarne gli effetti nefasti, o forse per riaffermare al suo cospetto la propria inesauribile carica vitale. 
Se questa è la filosofia di fondo che alberga in Maremma il bel libro della maremmana doc Maura Moscatelli, “Lo Sparviero della Maremma. A tavola col brigante”, edito nel 2016 per i tipi della effequ, ne costituisce la quintessenza con una storia che racchiude in sé tutti gli elementi principali della sua terra: la storia (vera) del brigante ottocentesco Enrico Stoppa detto Righetto e della sua compagna, Ottavia, ex prostituta dalle forme generose e dalla vita altrettanto travagliata e costellata di sconfitte e resurrezioni improvvise, infarcita dalle ricette tipiche della cucina contadina maremmana che spesso proprio nei luoghi in cui è ambientata la storia raccontata dalla albinese Moscatelli hanno la loro origine. 
E dunque, mentre il lettore sta sulle spine per i delitti e le feroci imboscate ai ricchi possidenti della zona preparate e messe in atto dal brigante Righetto nelle campagne intorno a Talamone, da cui anni prima era partito Garibaldi con i suoi Mille alla volta della Sicilia borbonica da liberare, può prepararsi una gustosa bruschetta o farsi venire l’acquolina in bocca apprendendo le modalità di preparazione del pollo alla cacciatora o dei tortelli maremmani. Mentre indovina gli sguardi lascivi degli avventori della taverna gestita dall’Ottavia prepararsi mentalmente una panzanella o una schiaccia coi friccioli, oppure ordinarsi dei saporiti crostini toscani al ristorante mentre si intristisce per la tormentata fuga del brigante in Egitto, prima di rimanere a bocca aperta dall’orrore per la tragica e inevitabile fine di un personaggio nato e cresciuto sul lato sbagliato della vita in attesa di un buon bicchiere di Morellino di Scansano o di Bianco di Pitigliano. 
Ma non inganni l’andamento apparentemente svagato di questa recensione. “Lo Sparviero della Maremma” di Maura Moscatelli è libro dalla struttura narrativa ferrea e frutto di ricerche minuziose sul campo, negli archivi della Maremma e nel mistero spesso sanguinoso delle sue storie orali. Una storia che, attraverso le drammatiche vicende del brigante Righetto racconta una Maremma socialmente marginale e sconfitta, ma mai doma, un mondo atavico apparentemente lontanissimo dalla modernità eppure ancora ben presente in quei luoghi, una storia sociale senza redenzione e senza lieto fine in cui si ride e si piange di gusto allo stesso modo. Come nelle leggendarie cene con i maremmani in cui si ride grasso, si mangia e si beve in abbondanza, si raccontano storiacce di sesso e di sangue che coinvolgono spesso ignoti e misteriosi personaggi locali, magari si litiga lanciandosi addosso terribili minacce, prima di abbracciarsi come se niente fosse davanti ad un cinghiale in umido o una schiaccia di Pasqua ben innaffiata dal vino locale. 
Un libro per palati fini e stomaci forti. Astenersi vegetariani.

Marcello Cella


Tramonto sul mare nei pressi di Albinia

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